Ex Ilva, 330 milioni per ripartire. Il piano in tre fasi: sì dei sindacati

L’incontro a Roma fra il dg Cavalli, il direttore del personale Picucci e le sigle sindacali. A settembre via all’altoforno 2, altri fondi per la cassa E il ministro conferma: sì allo “scudo contenziosi” per i futuri investitori

incontro a Roma fra azienda ex Ilva e sindacati
incontro a Roma fra azienda ex Ilva e sindacati
di Domenico PALMIOTTI
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 06:56

Riaccendere a settembre l’altoforno 2, fermo da gennaio, in modo da affiancarlo all’1 e far così risalire la produzione nella parte finale dell’anno. Spendere 330 milioni tra ripristini e manutenzioni, l’80 per cento dei quali nel siderurgico di Taranto. Passare da una fase di cantiere, nella quale risollevare una fabbrica che stava per collassare definitivamente, ad una ordinaria. Aprire la trattativa per una nuova fase di cassa integrazione senza scontrarsi con i sindacati, come è avvenuto in passato, quando c’era Acciaierie d’Italia a trazione ArcelorMittal, ma, anzi, cercando di migliorare, per quanto possibile, la gestione degli ammortizzatori sociali, purtroppo inevitabili in un’azienda stretta tra la strada da riprendere (il prima possibile e con un nuovo privato) e la transizione da affrontare. Sono i capisaldi del piano di ripartenza e della strategia che Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, l’ex Ilva, intende attuare.

Il tavolo romano 

Circa dieci giorni fa, a Palazzo Chigi, Governo e commissari di Acciaierie hanno illustrato il piano industriale dell’azienda, quello che prevede l’avvento di due forni elettrici dal secondo semestre 2027 e che l’altro ieri è stato spedito alla Commissione Europea perché Bruxelles deve autorizzare ad AdI il prestito ponte da 320 milioni.

Ieri, invece, è stata la volta del piano di ripartenza, che il dg dell’azienda, Giuseppe Cavalli, e il direttore del personale, Claudio Picucci, hanno presentato ai sindacati convocati in Confindustria a Roma. Partiamo dalle risorse. Sono 330 milioni: 280 vanno a Taranto e 50 agli altri stabilimenti. I 330 si dividono ulteriormente in 230 per interventi urgenti e 100 per la ripartenza orientata al raddoppio della produzione. Soldi che verranno dai 300 milioni che, in due riprese, un mese fa e l’altro ieri col decreto legge Agricoltura, Ilva in amministrazione straordinaria, la proprietà degli impianti dati in fitto ad Acciaierie, ha messo a disposizione. Questi soldi andranno alla manutenzione straordinaria che riguarda tre aree: l’acquisto dei ricambi per la continuità operativa, la rimozione degli impedimenti alla piena funzionalità, il ripristino dei backup per gli impianti prioritari, in particolar modo per i servizi dello stabilimento come acqua ed energia. Il dettaglio delle voci prevede come stima 4,3 milioni per gli sporgenti portuali secondo e quarto e 3,2 per il terzo e il quinto, 7 milioni per i parchi minerali, 8 per la cokeria, 15,4 per i sottoprodotti, 6,2 per gli altiforni, 30,2 per le acciaierie, 14,8 per il treno nastri, 15,5 per le centrali elettriche, 40,4 per le energie, 3,8 per le officine, 11,2 per i nastri trasportatori e 15,1 per la logistica. Queste voci assorbono in totale 193,5 milioni.

Le tre fasi

Il piano di ripartenza vede tre fasi. La prima è data dalla marcia attuale ad un altoforno, con la pianificazione delle manutenzioni necessarie per tenere l’operatività attuale; la seconda, con gli interventi necessari, è finalizzata ad avere una marcia ordinata sempre ad un solo altoforno; la terza, infine, è relativa alla marcia ordinata a due altiforni, il 2 e il 4. Obiettivi: recuperare funzionalità, porre le basi per rilanciare gli asset, avviare la fase di vendita.

Il piano di ripartenza prevede anche una task force per mettere a terra gli interventi individuati (ci saranno project manager dedicati), il riassetto organizzativo dei ruoli chiave, facendo entrare nuove risorse, e studio di fattibilità sugli interventi di ambientalizzazione e decarbonizzazione. La fase di cantiere durerà sino ad agosto. Da settembre, con la marcia dell’altoforno 2, si aprirà quella ordinaria. Nelle due fasi al momento nulla è previsto per altoforno 1, acciaieria 1 e treno nastri 1, tutti fermi. Mentre nelle aree agglomerato, cokeria e sottoprodotti sono emersi vari problemi. Ai filtri Meros, per esempio, mancano i ricambi. La produzione: a Taranto sino ad agosto la media mensile, come bramme grezze, sarà di 140mila tonnellate, mentre da settembre a dicembre si assesterà a 280mila. Genova, invece, passerà da 30mila a 40mila e Novi Ligure da 20mila a 50mila. Si punta a 4 milioni di tonnellate annue da dopo l’estate.

Ieri non si è parlato né di esuberi, né di numeri sulla nuova cassa. Su questa il confronto partirà a breve per cercare di arrivare ad un accordo a giugno. L’azienda avrebbe aperto sulla possibilità di integrare economicamente la cassa per alleviarne l’impatto sui lavoratori. Probabile che ci siano nuovi esodi incentivati. «Mettere in sicurezza gli impianti e mantenere attiva la produzione, avendo il sostegno dei principali clienti e fornitori, era per noi il passo preliminare. Ora è necessario coinvolgere i lavoratori», sostiene Giuseppe Cavalli, dg di AdI in as. «Per noi è un primo passo che deve portare al riavvio, la cosa importante è che è stato illustrato un piano di manutenzione per ogni singolo impianto», dichiara Valerio D’Aló della Fim Cisl, mentre Guglielmo Gambardella della Uilm auspica che nel piano «tutti gli impianti possano essere nel tempo manutenuti e riavviati, anche l’altoforno 5». «Abbiamo posto delle perplessità non sulla ripartenza dell’altoforno, ma sulla produzione delle tonnellate che servono per dare lavoro a tutte le persone» sostiene Loris Scarpa della Fiom Cgil. E l’Usb, con Sasha Colautti e Franco Rizzo, avverte che «l’elemento centrale, che purtroppo continua ad essere assente, è rappresentato dal saldo occupazionale rispetto alla produzione attesa dopo la prima fase di rilancio e della successiva vendita». Infine, sulla norma per mettere comunque al sicuro la vendita di AdI nel caso in cui Mittal dovesse avere ragione in giudizio (Mittal avversa l’amministrazione straordinaria), norma tolta dal dl Agricoltura per dubbi giuridici, il ministro Adolfo Urso conferma: sarà presentata «durante l'iter in Parlamento un’altra norma a garanzia dei nuovi titolari degli impianti rispetto a qualunque eventuale controversia legale».

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