ex Ilva,, i timori dei sindacati: meno forza lavoro con i due forni elettrici

Un momento dell'incontro
Un momento dell'incontro
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Martedì 7 Maggio 2024, 09:41 - Ultimo aggiornamento: 11:25

Chissà se il tema dei futuri esuberi affiorerà già oggi, nell'incontro che i sindacati metalmeccanici avranno, in Confindustria a Roma, con i dirigenti di Acciaierie d'Italia (direttore generale Giuseppe Cavalli e direttore del personale, Claudio Picucci; non ci saranno i commissari). È molto probabile, invece, che il focus della discussione, dopo quella del 29 aprile con Governo e commissari, riguardi la prosecuzione e la gestione della cassa integrazione (si ipotizza una nuova fase con numeri al rialzo), la manutenzione degli impianti e la risalita della produzione.

Il nodo del personale

Tutti temi urgenti, non c'é dubbio, ma la questione che si staglia all'orizzonte è che l'acciaieria, passando a due forni elettrici e ad un solo altoforno, il 4, avrà inevitabilmente meno persone. Il dato di partenza è che per un milione di tonnellate di acciaio da forno elettrico su base annua, servono circa 400 persone. Per la stessa produzione da altoforno, ne occorrono 1.000. Non c'è, al momento, alcuna quantificazione di esuberi, né il tema è stato delineato nella sua portata, ma uno dei tre commissari di Acciaierie, Giancarlo Quaranta, qualche giorno fa ha dichiarato che tra le cose da fare c'é quella di "lavorare a individuare strumenti adeguati idonei a far fronte all'eventuale esubero di lavoratori che dovessero derivare dalla definizione di un progetto industriale che preveda l'utilizzo di un numero di lavoratori inferiore rispetto a quello attuale".

Le rivendicazioni dei sindacati


Nel vertice a Palazzo Chigi, i sindacati hanno rivendicato il rispetto dell'accordo di settembre 2018 firmato con l'allora gestore ArcelorMittal, sostenendo che quella è l'unica intesa sinora firmata.

Ma dopo quasi 6 anni, e i commissari lo hanno detto al tavolo, lo scenario é cambiato: ArcelorMittal non c'è più, l'azienda è in amministrazione straordinaria e in stato di insolvenza, gli impianti sono stati trovati dai commissari praticamente distrutti - e per rifarli occorreranno soldi, tempo e fatica - e la produzione è rasoterra, visto che funziona un solo altoforno. L'azienda andrà dunque ripristinata e risollevata dal baratro, ma i forni elettrici non sembrano più qualcosa di indefinito. I commissari hanno detto che nel primo semestre del 2025 comincerà la loro costruzione per averli in produzione nel secondo semestre 2027. Inoltre, Dri d'Italia, la società pubblica che costruirà l'impianto del preridotto per alimentare i forni elettrici, sta attendendo di conoscere i capitoli di spesa in cui è stato ricollocato il miliardo deliberato per il progetto col nuovo decreto Pnrr, dopodiché comincerà a preparare la nuova gara (dopo lo stop del Tar di Lecce che ha accolto un ricorso di Danieli) per gli aspetti tecnologici dell'investimento, la licenza del processo. Gara che sarà rifatta in base al Codice degli appalti, a meno che il Consiglio di Stato, a cui Dri d'Italia intende appellarsi, nel frattempo non ribalti la sentenza del Tar. Nell'arco di un biennio, quindi, il tema dell'eccesso di manodopera potrebbe toccarsi con mano. Meglio, allora, prepararsi ad affrontarlo, anche con strumenti straordinari, come a Palazzo Chigi ha chiesto Rocco Palombella della Uilm.

Strumenti straordinari perché tale è la situazione, considerato che, al di la di quello che determineranno i forni elettrici, il polo dell'acciaio già oggi, a Taranto, ha fuori almeno altri 4.100 cassintegrati, di cui 2.500 di Acciaierie e 1.600 di Ilva in amministrazione straordinaria, coloro che nel 2018 Mittal non assunse.
Intanto, in vista dell'incontro odierno, i sindacati precisano le loro posizioni. "Non ci aspettiamo promesse mirabolanti, attendiamo concretezza su quelli che sono i temi urgenti che riguardano i lavoratori e la fabbrica - dichiara Valerio D'Aló della Fim Cisl -. Chiediamo di far chiarezza su cose semplici ma fondamentali nell'immediato, a partire da un piano chiaro e dettagliato di quali manutenzioni dovranno essere svolte nelle prossime settimane, su quali impianti e quali ricadute avranno sulla produzione e il riavvio degli stessi una volta messi in condizione di lavorare". Rileva Guglielmo Gambardella della Uilm: "Senza un chiaro piano di rilancio della produzione di tutti gli stabilimenti ex Ilva e la garanzia dell'intera occupazione, compresa quella dell'indotto e dei lavoratori in Ilva in as, è difficile proseguire un vero confronto. La Uilm non ha firmato l'accordo per la cassa integrazione negli anni scorsi per non predeterminare esuberi, tanto meno lo farà in futuro se non ci saranno le garanzie sull'occupazione e sulla prospettiva industriale". E Loris Scarpa della Fiom Cgil osserva: "Ci aspettiamo che finalmente vengano forniti dati certi sugli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e sui tempi delle iniziative di rilancio della produzione e della decarbonizzazione, che non possono più essere rinviati. Per noi vale l'accordo sindacale del 2018".
D.Pa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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