Latina, la migliore amica della moglie del carabiniere: «Era un violento, non doveva avere quella pistola»

Latina, la migliore amica della moglie del carabiniere: «Era un violento, non doveva avere quella pistola»
di Raffaella Troili
3 Minuti di Lettura
Venerdì 2 Marzo 2018, 00:00
Antonietta chiamava, Michela Cerrato arrivava. L’amica del cuore non si dà pace.
«Ci sentivamo tutti i giorni e adesso più volte al giorno. Anche mercoledì le ho telefonato mentre andavo a Cisterna, le avevo scritto buongiorno su whatsapp alle 5,30 e non aveva risposto. Più tardi l’ho chiamata e mi ha risposto lui, lucido e arrogante come sempre». 

Cosa le ha detto?
«Mi ha detto: bastarda, hai visto come è finita, è colpa tua, Antonietta è in ospedale, le bambine le ho uccise. L’ho tenuto al telefono 6 minuti, poi ho sentito che un carabiniere gli diceva parla con me e ha attaccato».

Non ce l’ha fatta a proteggere Antonietta e le figlie, avevano anche dormito da lei 10 giorni
«L’avevo già soccorsa, quel 4 settembre, quando Luigi la aggredì al lavoro davanti a tutti, Mi chiamò subito, diceva che ero sorella, amica e un po’ mamma, mi chiedeva: Michela ne uscirò fuori?».

L’inizio della fine quel giorno davanti alla Findus.
«Lui le aveva installato una app nel telefono che gli permetteva di leggere i messaggi che riceveva lei. Un collega scrisse “all’uscita ci vediamo tutti per un caffè”, invece arrivò Luigi, voleva screditarla, la fece chiamare e la picchiò davanti alle bambine, intervennero i colleghi, se ne andò».

La tragedia continuò a casa.
«Se le era portate via, mi ha chiesto di accompagnarla, aveva paura di affrontarlo. Non mi voleva far entrare, era il finimondo. Le aveva chiuse in camera, si sentivano i pianti, ha detto ad Antonietta “prenditi i panni e vattene, loro restano con me”».

E Antonietta che ha fatto?
«È andata in camera, lui l’ha presa per i capelli e picchiata senza pietà, le figlie urlavano, sono riuscita ad andare da loro, aveva chiuso a chiave solo il corridoio. Tremavano, mi si aggrappavano, ho spalancato il portone, avvisato i vicini, nessuno è venuto in aiuto. Siamo scappate da me. Lui veniva sotto casa, voleva parlare, non era amore ma possesso. Dopo due giorni diceva: sono cambiato. Ascoltavo, per farlo star calmo, gli dicevo prima dimostralo, fatti aiutare; lei aveva paura, le figlie erano terrorizzate. La picchiava davanti a loro, aveva altre donne, la più grande l’aveva scoperto da due anni».

Lì Antonietta ha intuito che era arrivato a far del male alle figlie. Era religiosa ma i tentativi di ingoiare tradimenti e maltrattamenti in nome della famiglia erano stati vani.
«Gli disse: hai toccato le mie figlie, non te lo perdono, prima di riavvicinarle dovrai passare sul mio cadavere e così ha fatto. Le ha sparato e preso le chiavi dalla borsa. Ma perché aveva la pistola? Doveva depositarla in caserma quando era fuori servizio».

Di cosa si rammarica?
«Non abbiamo fatto abbastanza per proteggere le bambine, abbiamo sottovalutato che potesse far loro del male. Ma cosa potevamo fare di più? Sarà un’ossessione per Antonietta se sopravviverà, era quasi certa che non le avrebbe toccate».
© RIPRODUZIONE RISERVATA