Capitale della Cultura, Torch: «Occorre partire dall'identità di questa città»

Capitale della Cultura, Torch: «Occorre partire dall'identità di questa città»
di Paola CRESCENZO
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 10 Maggio, 14:03

«Brindisi è una città contemporanea, ha una grande storia millenaria ma si distingue perché incarna tutte le sfide del futuro» sono le prime impressioni di Chris Torch, il professionista americano-svedese alla guida del progetto di candidatura di Brindisi a Capitale italiana della cultura 2027. 


Come si presenta Chris Torch alla città? 
«Prima di tutto sono un uomo di teatro, ho scelto questa forma espressiva perché mi piace la comunicazione diretta.

Ho cominciato con la compagnia newyorkese Living Theatre, Julian Beck e Judith Malina sono stati i miei maestri. Nel tempo però ho capito che mancano nel mondo della cultura le competenze per generare le condizioni del lavoro. È necessario creare gli spazi, la comunità, l'interesse, trovare le risorse economiche pubbliche che in questo momento sono in crisi in tutta Europa. Mi sono così impegnato a progettare con una visione lunga, non sul breve periodo. Oggi sono un uomo del mondo della cultura e mi occupo anche delle città che ambiscono al titolo culturale europeo, perché sono percorsi virtuosi, non totalmente controllati dalla politica ma che partono dal basso. Dove grazie alle risorse si riesce a progettare per molti anni e con grande entusiasmo».


Qual è la sua prima impressione su Brindisi? 
«È una città contemporanea, ha una storia millenaria da cui dobbiamo attingere per recuperare l’energia ma molte città italiane hanno una storia importante, Brindisi si distingue perché incarna tutte le sfide del futuro. La transizione ecologica, il dialogo fra i popoli, la voglia di porre una domanda nuova. Poi è straordinario il fatto che il mare entri dentro la città. Qui c’è molto spazio aperto sia fisico che mentale. Mi sembra che ci siano grandi possibilità, respiro un’atmosfera autentica».

Da Brindisi i giovani vanno via per studiare e non tornano più, come possiamo cambiare questa tendenza? 
«Io abito a Pisciotta, un piccolo paese del Cilento di 2.000 persone e loro dicono la stessa cosa. La verità è che i giovani vogliono rimanere, lo abbiamo compreso bene durante la pandemia. Tutti noi siamo interlocal, facciamo parte del mondo ma le nostre radici sono locali. Il primo bacio, tutte le prime esperienze sono nel luogo di origine. Io sono nato a Cleveland in Ohio, in un quartiere italiano, i miei nonni sono calabresi, il mio cognome deriva da torchia. In me convivono tante radici. Dopo gli Stati Uniti mi sono trasferito in Svezia dove ho diretto il teatro nazionale e poi ho creato Intercult un’istituzione che si occupa di progetti internazionali. Dobbiamo costruire una visione ottimista a misura dei giovani. I ragazzi devono comprendere che possono determinare il proprio futuro».
Tutte le città per le quali ha ottenuto il titolo di capitale europea hanno qualcosa in comune? 
«No, ogni città è diversa. Anche il mio contributo è sempre diverso. Dipende molto anche dal gruppo di lavoro, ognuno ha le sue competenze e dobbiamo trovare un equilibrio. Non porto con me tanti piccoli trucchi nelle tasche. Bisogna partire dall’identità della città, io dovrò ascoltare e solo dopo decideremo come impostare la progettualità. Non ho un’idea preconfezionata e non deciderò con poche persone. Infatti io più che un direttore, preferisco definirmi una guida artistica».
Quale impressione ha avuto del sindaco e del team di lavoro? 
«Il team e il sindaco mi piacciono molto. Carmelo Grassi della Fondazione Nuovo Teatro Verdi e i suoi collaboratori li conosco da diverso tempo. Ho un grande rispetto per Carmelo e quando mi ha chiamato sono stato felice. Il sindaco mi sembra una persona aperta, non vuole condizionarmi o usarmi, abbiamo parlato delle parole chiave e delle sfide di Brindisi. Lui ha dato mandato a me ed al team della sua amministrazione con grande fiducia, è molto coinvolto ma ci lascia liberi. Mi ha colpito la storia del sindaco di quando ha accolto insieme ai brindisini il popolo albanese, è qualcosa che oggi non potrebbe accadere più».

Quali sono le parole chiave di questa candidatura? «Sicuramente: porto, ambiente, tecnologia e comunità. Ma c’è una parola che più di tutte è importante ed è creatività, perché le giovani generazioni dovranno rispondere a domande a cui nessuno ha mai risposto prima, dovendo trovare nuove soluzioni avranno bisogno della creatività».
Avrà tempo per incontrare la comunità? 
«A giugno starò a Brindisi un mese ed anche a settembre, quindi avrò modo di conoscere le persone ma ho anche fiducia nel team che è qui in pianta stabile e farà un intenso lavoro di coinvolgimento». 
Cosa augura che acquisisca Brindisi da questa esperienza?
«Auguro a Brindisi di iniziare un processo utile per il suo futuro. Io voglio dare all’Italia l’opportunità di conoscere una città che ha dimenticato. Pur avendo una grande esperienza cercherò di avvicinarmi con uno sguardo vergine per generare qualcosa di nuovo, per imparare insieme a Brindisi».

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